Siamo atterrati in Corea un anno fa, con le valige piene di comfort food italiano (per noi
parmigiano e gocciole in primis) e tanta voglia di iniziare un nuovo capitolo della nostra vita.
Non era la prima volta. Quattro anni e mezzo prima si ripeteva la stessa scena ma, invece di
scendere in maglietta e pantaloncini, questa volta eravamo attrezzati con giacconi, sciarpe e
cappelli di lana.
Come la prima volta
Pensavo di essere più preparata. In fondo, lo avevamo già fatto. Ci eravamo già trasferiti in
Asia, avevamo già dovuto ricostruire da zero la nostra rete, fare i conti con una lingua
incomprensibile, con lo spaesamento totale. Questa volta partivamo avvantaggiati. O forse
no. Perché se è vero che la Corea è simile al Giappone, la Corea non è il Giappone e i coreani
non sono i Giapponesi.
Ricominciare in un nuovo Paese, non importa quante volte tu l’abbia fatto, è sempre
un’incognita che richiede di attraversare una fase iniziale che alterna momenti di forte curiositÃ
ed eccitazione ad altri di grande sconforto.
Fase di assestamento
Passato un gennaio decisamente in salita a causa di problemi medici in un nuovo Paese di cui
ignoravamo totalmente come funzionasse il sistema sanitario, da febbraio abbiamo iniziato la
fase di assestamento. Abbiamo trascorso week-end da turisti a scoprire la nostra nuova cittÃ
tra gite in bicicletta lungo il fiume che attraversa Seoul, pomeriggi al museo e visite guidate nei
palazzi imperiali. Insomma, ci siamo goduti la città con gli occhi sempre pieni di sorpresa per
ogni nuova scoperta.
Abbiamo partecipato a qualsiasi tipo di evento, da quelli scolastici a quelli organizzati
dall’Ambasciata. Ho detto sì a caffè, pranzi, aperitivi e cene. Ogni occasione è stata buona per
conoscere persone nuove ed incontrare nuovi amici. Infine, mi sono iscritta ad un corso
intensivo di coreano. Imparare la lingua, o almeno le basi, è stato un modo fondamentale che
mi ha aiutato a sentirmi meno ‘lost in traslation’ e a capire meglio anche la cultura coreana.
Però si, è stato faticoso.
Ci vediamo a casa
E così è passato un anno, e ormai siamo a pieno regime in questa nuova vita. Sono diventata
un’esperta di coupang (perché no, non c’è amazon) e Naver (perché neanche google maps
funziona). Non ho più paura di guidare in strade a sei corsie. Ho trovato il mio safe food coreano
e se cammino nelle vie vicino casa spesso incontro facce note con cui scambiare un saluto.
Posso dare consigli se mi chiedono informazioni su medici, supermercati, corsi di ballet (sì, ho
iniziato a fare danza classica ma no, non mi metto il tutù e non farò il saggio di fine anno), varie
ed eventuali. Insomma, abbiamo la nostra routine e la fortuna di sentirci a casa ancora una
volta anche dall’altra parte del mondo.
Beatrice, Seoul